domenica 24 dicembre 2006

CQ de SAQ

È stato davvero emozionante ricevere SAQ, la trasmissione celebrativa dei 100 anni della prima trasmissione telegrafica senza fili nel mondo, avvenuta dall'Alternatore Alexanderson in Grimeton (Svezia) su 17.2 kHz. La trasmissione celebrativa avviene ogni anno, ma quest'anniversario è davvero significativo, per la storia che rappresenta.
Stamattina SM6NM (Lars Kålland, nella foto mentre manipola il tasto telegrafico) ha trasmesso, a partire dalle 0800utc il testo:
«VVV VVV VVV CQ CQ CQ DE SAQ SAQ SAQ = THIS IS GRIMETON RADIO/SAQ IN A TRANSMISSION USING THE ALEXANDERSON 200 KW ALTERNATOR ON 17,2 KHZ . TODAY WE CELEBRATE THE CENTENARY OF THE FIRST WIRELESS TELEPHONY TRANSMISSION IN THE WORLD , PERFORMED BY REGINALD A FESSENDEN FROM MASSACHUSETTS , USA . WE WISH YOU ALL A MERRY CHRISTMAS AND A HAPPY NEW YEAR . = SIGNED : THE ALEXANDER-GRIMETON VETERANRADIOS VAENNER ASSOCIATION + FOR QSL INFO PLEASE SEE OUR WEBSITE : WWW.ALEXANDER.N.SE II WWW.ALEXANDER.N.SE = DE SAQ SAQ SAQ».
In "simulcast" con l'amico Aldo Moroni in Solbiate Olona (Varese), che riceveva la stazione con antenna Miniwhip e scheda audio del computer, ho riceuto la trasmissione su 17.18 kHz alle 0824utc con WiNRADiO G313e (ma anche nell'AOR 7030 plus arrivava benino) e antenna Wellbrook ALA 1530 plus. Ho dovuto inserire un filtro notch anti-FM 88-108 MHz perché un'FM locale (a 50 metri da casa!) riusciva a disturbare con le sue spurie anche su 17 kHz, impedendo la demodulazione del segnale di SAQ. Inserito il notch, SAQ è apparsa debole ma chiara e ne ho potuto registrare il call "VVV VVV CQ de SAQ" (qui il <clip>), estrapolandone anche la traccia video con i segnali morse con Spectrogram e Argo, i due programmi che uso quotidianamente, insieme a CW-get, come ausilio per l'ascolto di stazioni in telegrafia e QRSS.
Mi sento di ringraziare anche Fabrizio Magrone, attento osservatore delle trasmissioni "utility", che da tempo mi segnalava l'evento («SAQ è la Radio Sant'Elena delle utility», dice giustamente) e Andrea Lawendel, che ha anche scritto un bell'articolo in merito su Radiopassioni. E ripetendo proprio il titolo di Andrea, anch'io faccio a tutti un "lungo augurio in codice Morse"!
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venerdì 22 dicembre 2006

e allora Buon Natale!

Si fanno sempre più spesso finanche troppe polemiche artificiose sui simboli religiosi, sulle feste, sulle tradizioni. In nome di una presunta "accoglienza", di un presunto "rispetto", di una malintesa "accoglienza" c'è chi stoltamente propone di rinunciare alle proprie tradizioni, alla propria cultura per "non offendere" gli altri. Ma veramente si pensa che si sia un maggiore rispetto, vergognandosi delle proprie origini? Sono sicuro di no. Non è questo il modo corretto per approcciarsi al problema, complesso, del rispetto reciproco tra le varie religioni.
Il Natale e le feste di fine anno fanno parte della cultura e delle tradizioni europee prima che italiane, e questo va molto al di là del semplice lato religioso; infatti anche chi non è cattolico o evangelico o ortodosso, in qualche modo festeggia il Natale, quanto meno ne sente il clima, e non c'è nulla di male a scambiarsi gli auguri, anche in Nazioni come la nostra ,dove vivono tanti ebrei (ho alcuni amici) e musulmani (ne conosco tanti, e con le famiglie di tanti ragazzi albanesi e tunisini ho lavorato a lungo).
Al di là del fatto che è "il Natale del Signore", è anche un periodo di tempo in cui si cerca di "essere più buoni", di ripensare alla propria vita, alle proprie azioni, alle proprie relazioni, magari proponendosi di ...fare meglio, a volte scadendo pure nel fariseismo peggiore: ci si pensasse tutto l'anno, a essere migliori...

Togliere i crocefissi, i presepi, gli alberi di Natale, abolire i canti natalizi dalle scuole mi sembra un'idiozia pura. Alla fin fine non si ripetta mica "l'altro" in questo modo; si trova invece una scusa per "vergognarsi" delle proprie origini e rinnegare quello che, ripeto, fa parte della nostra cultura prima ancora che della nostra cristiana religione.

E allora io gli auguri li faccio (con orgoglio), a tutti, credenti e non, cristiani, ebrei, musulmani, induisti and so on. E li faccio in tutte le lingue, come in questa simpatica pagina di Wiktionary (da cui abbiamo anche preso a prestito l'immagine del presepe, e cui tributiamo il dovuto copyright).
Buon Natale e Felice Anno Nuovo, Feliz Navidad y Feliz Año Nuevo, Merry Christmas and Happy New Year, Eid Milad majid wa Sana Mubaraka, Khag Molad Same'akh ve Shana Tova, Joyeux Noël et Bonne Anneé, Hauskaa joulua ja onnellista uutta vuotta!, Frohe Weichnachten und ein glücklisches neue Jahr , Schastlivogo Rosgdestva i veselogo novogo Goda, Nixtieqlek il-Milied it-Tajjeb u s-Sena t-Tajba, Bon Natali e Filici Annu Novu, Bonan Kristnaskon kaj felican novan jaron!

giovedì 9 novembre 2006

Viva Lippi, abbasso il Trash


Viva Lippi (Claudio, non l'ottimo allenatore Marcello, cui dicemmo "viva" in altre occasioni).
Via Lippi perché ha risvegliato le coscienze sull'increscioso fenomeno della TV Spazzatura, con la sua garbata ma ferma polemica con la trasmissione Buona Domenica.
Di TV Spazzatura aveva a suo tempo parlato persino la signora Franca Ciampi, moglie dell'onoratissimo Presidente, ma il tema non è affatto nuovo. E non riguarda solo la simpatica trasmissione di Costanzo & Co.
Il Trash purtroppo impera nel mondo televisivo da tempo, sia nelle reti nazionali RAI, sia in Fininvest, sia anche (o forse peggio) nelle TV private più piccole.
Parolacce, bestemmie, cattivo gusto, sono all'ordine del giorno - e non è per fare i moralisti di ritorno, ma proprio perché alla fine stufano e schifano.
Il fenomeno dei Reality, che poi di "reality" hanno ben poco, con tutti quei personaggi finti in luoghi finti e situazioni finte, ha esagarato la questione sino all'inverosimile, e in certe trasmissioni, che pure avrebbero una loro certa valenza, non si fa altro che parlare di personaggi televisivi (famosi e meno famosi) che danno il peggio di sé, nelle "Isole", nei salotti, nelle camere da letto (penoso vedere uomini in mutande, che, come diceva il Signor G, non è mai bello vedere)...
Quanta gente non ne può più di pupe e pupattole, secchioni e finti intellettuali che ocheggiano per conquistare la pagnotta, quanta gente è stufa di tutto questo, delle allusioni sessuali più idiote, dei finti litigi, delle chiacchiere da baraccone? Tanta. E Claudio lo sa, e se pure ha cercato di dare il suo contributo come comico, oltre che come cantante, ora è stato costretto a "scoppiare", come avrebbero fatto tanti di noi al suo posto.
Sì, sarebbe ora di dire basta, veramente, e di tornare alla TV seria, quella dell'intrattenimento, dell'informazione, della notizia, della TV dei ragazzi, dei documentari, dell'approfondimento, della comicità pulita ed educata. «Non è mai troppo tardi», come diceva proprio in TV un noto maestro di un tempo. Ebbene: cominciamo.
Viva Lippi che ha avuto coraggio.

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Claudio Lippi invita, nel suo sito a diffondere l'iniziativa "Spegni la TV della Volgarità" e noi volentieri aderiamo

venerdì 28 luglio 2006

Scrivere senza Ordini

Liberalizzazioni, una parola che tutti pronunciano, ma pochi vogliono attuare veramente. Se ne contendono la paternità, oggigiorno, destra e sinistra.
Continueranno quelle proposte da questo Governo e dal Ministro Bersani, o saranno – come qualcuno ha paventato – un fuoco fatuo e un inutile tartassamento sui tassisti?
A giudicare dalle recenti levate di scudi di avvocati e farmacisti, qualcosa si muove.

Non sappiamo sino a che punto si spingeranno, se – come più volte auspicato dalla Comunità europea e come segnalato, tra gli altri, da Daniele Capezzone e dal suo partito – si arriverà al superamento degli Ordini Professionali e degli Albi, ma temiamo che le "corporazioni" dei professionisti difficilmente cederanno e ammetteranno che la difesa corporativa dei privilegi non è più attuale, è roba del peggiore fascismo, oggi invisa alla destra come alla sinistra, ma purtroppo ancora viva e vegeta.
Soprattutto l'Ordine e l'Albo dei Giornalisti, che fine faranno? Saranno mai toccati, o lo strapotere dei Mass Media farà fronte contro e si arroccherà, tanto da costringere il Governo alla retromarcia?
Domande senza risposte, al momento, ma che invitano ad una attenta riflessione.

Già nel 1993, in alcune Interviste di Radio Radicale, Diego Novelli, Emanuele Macaluso, Guglielmo Castagnetti, Carlo D'Amato e Silvano La Briola si erano pronunciati contro il mantenimento di quell'Ordine che Marco Pannella aveva proposto di abolire, ma che mai è stato toccato, come se queste voci fossero non quelle di autorevoli personalità, ma quelle di gente senza importanza. Persino quel Clemente Mastella, ora ministro e allora esponente DC, dichiarava: «Bisogna stabilire condizioni diverse per il reclutamento dei giornalisti. La cosa risibile è questa: si è molto parlato di voto di scambio, di raccomandazioni... nessuno ha mai spiegato come si arriva ad essere giornalisti. Si passa attraverso le raccomandazioni, con poche libertà di scelta». Chissà se oggi il Ministro la pensa allo stesso modo, ma quella sua di allora è un'opinione condivisa da molti.
Dell'abolizione, o del superamento degli Ordini professionali, se ne parla, in giornali e siti web, ne parla Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica: «Si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione liberale che segnerebbe in modo importantissimo la politica economica del governo». È vero: sarebbe anche questa una rivoluzione liberale, e troviamo strano che tanti liberali, stranamente, levino gli scudi contro, con la scusa di tutelare una professione, invece cercano di arrampicarsi sugli specchi difendendo privilegi indifendibili.

Il decreto Bersani, ovviamente, non piace a chi degli Ordini si occupa, come Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine lombardo, che in questo articolo intitolato Il "fuoco amico" del governo Prodi affonda la piattaforma della FNSI, si lamenta dei problemi che il decreto introdurrebbe con la paventata liberalizzazione delle tariffe professionali per giornalisti freelance (iscritti all'Ordine); Manlio Cammarata, in questo articolo (Giornalisti free lance bastonati da Bersani e Visco?), dà una lettura diversa dello stesso problema, concentrandosi sugli aspetti finanziari delle proposte del Governo.
Il problema non è solo "tariffario" o "pensionistico", ma investe anche aspetti più importanti: la preparazione, la competenza, la libertà del giornalista. Gilly Castellano su questa pagina pubblica un'Indagine Censis: giornalisti liberi, ma non troppo. L'indagine è stata commissionata al Censis dall'Ordine dei Giornalisti, e i risultati non sono proprio esaltanti per chi vorrebbe a tutti i costi affermare che il giornalista è ipso facto libero...
Liberi dalla politica? Liberi dagli Editori, Liberi dall'Ordine? Liberi da se stessi?

La questione se l'Ordine serva o meno non è nuova. Il 15 Giugno del 1997 si tenne un referendum fortemente voluto dai Radicali e da Marco Pannella. Vi fu certo un difetto di informazione (doloso?), al Popolo italiano non interessò molto, e solo il 30% andò alle urne: quorum non raggiunto, di questi, però, il 65.5% si è espresso per il sì e il 34.5 per il no. I tempi non erano maturi, come si direbbe? Da allora gli echi di questa riflessione non si sono spenti.

È davvero utile l'Albo? tutela il giornalista, in questi tempi in cui la libertà di stampa viene da più parti attaccata, o tutela – piuttosto – i privilegi? Chi lo vuole difendere a tutti i costi, e chi lo vuole invece affossare?
Ordini e albi sono invenzioni prettamente italiane (retaggio corporativista): all'estero esistono le Associazioni di Categoria, che non sono la stessa cosa, e allo stesso modo vengono tutelate professionalità, competenza e libertà dei professionisti. In America o in Inghilterra per diventare giornalisti bisogna saper scrivere, essere preparati, averci le p****, seguire la deontologia ed essere corretti e non violare le leggi, non serve un Albo e un Ordine per dare "patenti".
La Costituzione Italiana, all'art. 21, sancisce la libertà di opinione e di pensiero in tutte le sue forme, ma ancora oggi se la stessa cosa la scrive il giornalista iscritto all'Albo c'è un dato regime civile e penale, se la scrive un cittadino non iscritto ci sono soprattutto divieti, ordini, sanzioni, persino il carcere, in taluni casi. È normale tutto questo? È concepibile?

Francesco Gavazzi ed Eugenio Scalfari se ne sono occupati a Dicembre 2005, suscitando le ire di Franco Abruzzo, sul Corriere della Sera, che tuona – vedasi questa pagina – anche contro Massimo D'Alema, ora Ministro degli Esteri, che ha confessato in televisione di aver votato, nel 1997, con Marco Pannella, a favore dell'abolizione dell'Ordine. Il Ministro sarebbe "ingrato" in quanto anch'egli giornalista professionista...
Tra le motivazioni per l'opposizione all'abolizione si cita anche il problema del segreto professionale, questione certamente non secondaria, anzi..., ma che all'estero è tutelata diversamente, senza bisogno di Ordini professionali, e non per questo facilmente violabile: e volendo, anche da noi...
E via discorrendo.

Si è persino aperta una discussione sul valore legale della laurea: da abolire? In Inghilterra la laurea non ha valore "legale", e le università inglesi sono tra le migliori. Per quanto riguarda i giornalisti, si potrebbe pensare, da un lato, "l'opportunità" (non obbligo) di una laurea in Scienze della Comunicazione per i futuri giornalisti, e, dall'altro, a nuovi e diversi metodi per qualificare la professionalità. Anche qui serve una seria riflessione, non servono arroccamenti, ideologie, denuncie penali o bavagli. Parliamone...

I farmacisti paventano la serrata perché i farmaci si potranno vendere al supermercato, giusto e sbagliato al contempo: bisogna assicurare certezza e qualità per questa ipotetica vendita. I giornalisti faranno la serrata se gli si prospetta di chiudere l'Albo?
Il problema che nessuno vuole discutere rimane: per essere giornalisti – stante lo status quo – bisognerebbe essere iscritti al famoso Albo, e per esservi iscritti bisogna aver scritto in un organo di stampa per un tot tempo e per tot articoli: il cane che si morde la coda, perché chi già sta dentro si ostina a cercare di non far entrare i nuovi (a meno che, come direbbe Mastella, non siano raccomandati), non ditemi che non è così...
Sappiamo bene che per alcuni "arrivare" all'albo è un mito; c'è anche chi sogna il famoso "tesserino" anche di notte (magari poi cercando di impedire agli altri di arrivare a questa mèta). Posizioni legittime (ci mancherebbe), anche se sarebbe meglio far loro capire che non si impara a scrivere o si diventa veri giornalisti solo possedendo un pezzo di carta plastificata, e soprattutto che l'iscrizione non serve ad impedire ai nuovi di entrare, non è un privilegio...
E chi sta fuori e dell'Albo non ne vuol sapere? Chi non ha rinnovato (volontariamente) l'iscrizione?
E i bloggers, e chiunque voglia esprimere liberamente la sua opinione secondo le leggi e la Costituzione Italiana (libertà di pensiero e opinione) senza essere perseguito, denunciato, calunniato, arrestato solo per aver detto qualcosa, e reo solo di aver scritto pur non essendo iscritto ad un Ordine? Che diritti e obblighi dovrà avere? Potrà stare certo che non gli sequestrino il sito, solo per censura?
Insomma, chi potrà scrivere e parlare, in questo Paese democratico?

Le liberalizzazioni, appunto, tutti le volevano, ma quando si stanno facendo tutti le osteggiano: meglio far finta di cambiare affinché nulla cambi, come direbbe il Gattopardo.

domenica 28 maggio 2006

cAtAniA!


Alla vigilia del mio compleanno (eh sì, li faccio pure io, il tempo passa...) non poteva che essere il regalo più bello: rivedere il "Liotru rossoazzurro" di nuovo in serie A, dopo ventitré anni.
Tanti anni sono passati. Ero là, allora, in Via Mons. Ventimiglia, quando arrivò la notizia che il Catania di quell'eclettico e vulcanico Angelo Massimino ("Io può") varcava la serie maggiore, ero là e avevo imparato da qualche anno la "catanesità" e potevo visitare ogni giorno il Liotru (l'Elefante) di pietra lavica e Piazza Università. Altri tempi...
Poi la squadra ha avuto vicissitudini varie, sino alla serie C, e i suoi tifosi l'hanno seguita e sostenuta sempre, e ci hanno creduto, ed ora finalmente torna in A, e si prospettano ottimi derby Catania-Palermo (peccato per il Messina, retrocesso in B), ed è tutta la Sicilia che deve essere contenta di questo, non solo Catania e i catanesi di ogni dove.
Seguo poco il calcio (lo sport in genere), specialmente ora che scandali e porcherie varie lo stanno rendendo odioso a molti, ora che è un calcio fatto di milioni di euro, di "ingaggi", di arbitri... be', lasciamo perdere; ma il Catania è sempre stato la mia unica "passione" sportiva, e non posso che essere felice per il ritorno in A del Catania, secondo in classifica di B, che ha condotto un campionato esemplare. Oggi ha superato l'Albinoleffe, che si è difesa con onore (e che speriamo possa salvarsi ai play-out) e ventimila tifosi "rossazzurrissimi" l'hanno sostenuto e incoraggiato. E allora, forza Catania, forza Liotru e ad majora!
Ora tra Mantova, Toro, Modena e Cesena (gran belle squadre), ai play-off vinca la migliore, per seguire il Catania in A.

domenica 2 aprile 2006

La Bestia Umanica

Da siciliano che ama la Sicilia non posso che essere inorridito per quello che tre pezzi di ...cacca hanno fatto al piccolo Tommaso, e soprattutto sapendo che sono siciliani d'origine. Non ci sono parole per manifestare il disprezzo per questa canaglia di gente zozza e inutile.
Qui persino la Mafia ha sempre aborrito il sequestro di bambini: «nun si tòccunu i picciriddi». In Sicilia non ci sono quasi mai sequestri e men che mai di bambini. Se casi "strani" ci sono, come quello della povera Denise, hanno altra spiegazione sociologica e criminologica. E questo proprio per il sacro rispetto che i siciliani onesti (e persino quelli meno onesti, come dicevo) hanno per la vita umana e per l'infanzia.
Questa storia assurda ha toccato le nostre menti e i nostri cuori e ci ha fatto persino dubitare di certi nostri assunti, come la pena di morte, che umanamente rifiutiamo. Ma quale pena, quale?, possiamo immaginare per chi sequestra un bimbo e lo uccide (e in un modo odioso e schifoso, che manco con i cani si usa) solo perché ...piange? Quale tortura?
E` troppo semplice rispondere che bisogna invocare il perdono, è la solita storia: Caino uccide Abele e noi dobbiamo arrogarci il diritto di "perdonare" Caino senza poi aver rispetto per Abele...
Solo Dio può dare o togliere la vita o la morte, solo Dio può perdonare il Peccato originale e il peccato quotidiano, e a noi rimane il dubbio, di cosa sia il perdono, cosa la giustizia, cosa l'amore e l'odio, cosa la pace e la guerra.
Ammazzare quegli animali non ridarebbe la vita a Tommaso, ma persino dar loro da mangiare in carcere sembra troppo, immeritato davvero per una simile efferatezza. Come in tutti i casi del genere, passati, presenti e futuri.
Ma in che mondo viviamo?
Davvero l'uomo, la "bestia umanica" del Bingo Bongo celentaniano (scusateci la citazione, non è per sdrammatizzare) è davvero la più feroce: la scimmia non uccide con la coscienza di farlo, l'uomo sì. Uomo?
A volte è la Bestia che subentra, quella apocalittica, con la maiuscola, quella con il 666, e la coscienza lascia il posto alla crudeltà che neppure i libri di criminologia sanno descrivere.
Da chiunque vinca le elezioni, domenica prossima, ci aspettiamo soprattutto una cosa: Sicurezza. Sicurezza al 100%, prevenzione e repressione del crimine, giustizia e condanna, pene certe e severe.
Altro che balletti su "conflitti di interesse", tasse (che tutti dicono di non volere e poi appioppano), "par condicio" e idiozie varie. Chiediamo sicurezza, e non solo per questo assurdo caso, ma per tutto il resto, una famiglia sterminata da un sedicente "pattista col Diavolo", criminali che sparano ad un Carabiniere, rapinatori di ville, spacciatori di morte, delinquenti "patentati" che scorrazzano per le strade, canaglia varia.
Pensateci, cari signori. Invece delle "mollezze" che ci ricordano le incertezze di Weimar che portarono a brutti ricordi di ...dittatura, dateci un Governo vero, autorevole, deciso, che ci tuteli e sia Giusto, che non tenga conto di fazioni e colori politici, che Decida, ed operi. Altrimenti prima o poi, delle due l'una: o la criminalità ci sopraffà o un altro dittatorello prende il vostro posto, con la scusa di dar voce alle proteste della gente, che non ne può più di questa assurda insicurezza.

sabato 1 aprile 2006

Mille di queste Apple


Il primo Aprile 2006 non si celebrano soltanto i ...pesci d'aprile, ma anche i trent'anni di Apple Computer, la software house (e produttore di hardware) fondata, appunto, il 1 Aprile 1976 da quel genio di Steve Paul Jobs, intelligente ed enigmatico guru, luminare dell'informatica, ma anche grande personalità morale.
Pare che abbiano cominciato in un garage, lui e un altro Steve, quel Wozniak che non sempre al giorno d'oggi si trova sulla sua stessa linea, ma che ha insieme a lui un destino parallelo.
Apple per trent'anni ha tenuto alta la testa, contrastando e limitando lo strapotere di Microsoft, avversaria ed alleata, a seconda dei momenti, ed ha saputo creare computer mitici ed antesignani, la prima vera interfaccia grafica, Mac OS prima e Mac OS X poi, che portava nel sistema operativo Apple l'esperienza di NeXT, che Jobs aveva fondato quando era stato allontanato da Apple, dove poi fu richiamato.
Ed ora gli iPod e il loro successo, e tanti accessori e software.
Ma soprattutto uno stile: Think different, uno stile di vita e non solo informatico.
Lunga vita ad Apple, e ancora mille e mille di questi giorni.

domenica 26 marzo 2006

Se due più due fa tre...


Si narra che a Carl Friedrich Gauss, ancora scolaretto alle elementari, la maestra chiese di eseguire la somma dei primi cento numeri, per far trascorrere il tempo, pensava, tanto un po' ci vorrà...
Gauss dopo un paio di minuti consegnò il risultato: 5050. Aveva infatti osservato che bastava moltiplicare sempre l'ultimo numero di una serie per il successivo e dividere per due; aveva scoperto la sommatoria della "Serie aritmetica": n*(n+1)/2.
Pare che per la notorietà di questo fatto ottenne una borsa di studio e potè proseguire i suoi studi al ginnasio, scoprendo altri risultati notevoli, dal teorema fondamentale dell'algebra alla curva "normale" delle distribuzioni statistiche, detta appunto "gaussiana".
Su questa falsariga ad un bambino della mia provincia (più o meno della stessa età) che ha la fama di essere "dotato" in matematica la maestra ha dato come compito quello di sommare i primi 20 numeri (20*21/2=210), e il bimbo dopo alcuni minuti rispose «venti»; e la mestra «ma, rifletti... forse devi sommare 1+2+3+4+... fino a 20»; e il bambino, convinto: «appunto: venti».
Capisco che oggigiorno di geni ne nascono sempre meno, ma la risposta più sorprendente è stata quella della madre, cui la mestra si è rivolta, sorpresa (vista la - immeritata - fama del figlio). La madre per niente sopresa: «Che c'è di strano? nella vita non contano mica la matematica e la storia».
Non contano mica? E cosa conterebbe?
Vorrei proprio capirlo in che società viviamo, in che epoca.
Quando eravamo al ginnasio non sopportavo certe professoresse che pretendevano di tener rigorosamente separate le lettere dalle materie scientifiche, quando dissi di aver preparato per gli esami fisica e filosofia, qualche "intellettuale" tra esse mi disse che dovevo essere un po' ...mattacchione (a mettere insieme i presocratici e Archimede?). Altri tempi. Ma almeno quelle - sbagliando - le idee ce le avevano chiare.
Oggi, dopo una ventina d'anni e passa, c'è gente (diplomata e laureata) che dice che la matematica e la storia non contano. Non diciamo poi la grammatica. E le lingue? E la filosofia (sempre cosa "con la quale o senza la quale si rimane tali e quali")? E il greco e il latino? e la geometria?
E cosa conterebbe nella vita? La politica? Il Grande Fratello? Le attricette e gli attorucoli belli truccati e vuoti dentro? La Smart? I libri di certi giornalisti? Il divorzio? Le pellicce di visone? I telequiz?
Ah, capirlo...
Mala tempora currunt.

sabato 18 marzo 2006

La Cavalcata di San Giuseppe


La Cavalcata di San Giuseppe a Scicli è sempre uno spettacolo suggestivo.
Una sfilata di cavalli e cavalieri per le vie della città, che rappresenta da oltre un secolo la Fuga in Egitto con San Giuseppe, il Patriarca, che guida Maria e il piccolo Gesù in testa ai fedeli che cavalcano muli e cavalli, percorrendo strade ove sono stati preparati grandi falò, i Pagghiari, che vengono accesi al passaggio del corteo.
I cavalli sono bardati con bardature tipiche infiorate di fiori di violaciocche, il Bàlicu e infiorescenze di gigli selvatici (spatulidda). Bardature preparate con sapiente cura nelle settimane precedenti da maestri esperti. Le scene rappresentano aspetti della vita religiosa e simboli civici.
Una passeggiata, una sfilata di bardature leggere, in spugna ricoperta di fiori, una serena manifestazione, che rende incomprensibile tutto il "levar di scudi" di certi male informati che hanno scritto al Sindaco per chiedere di ...sospendere questa "crudele" ricorrenza. Centinaia di email di gente che pedissequamente inoltra messaggi senza controllare quello che scrive (maledette le chain letters di ogni tipo!).
E tutto questo perché l'anno scorso, un cavallo, poverino, è morto dopo essere scivolato a causa di forte pioggia e terreno viscido. Un solo fatto, spiacevole, in tanti anni. Siamo stati solidali al proprietario, colpito anche effettivamente, e non solo economicamente, dal danno.
Ma negli anni la Cavalcata è stata solo festa e gioia, e lo posso testimoniare sia perché sono nato e cresciuto "Sangiusepparo" al quartiere Villa, sia per averla presentata per la TV, sia anche per aver realizzato per l'APIT una videocassetta promozionale che narra la storia e rende testimonianza della lavorazione, della preparazione e della realizzazione di questo evento religioso e sociale, che coinvolge centinaia di operatori e migliaia di visitatori.
Ora se ne fanno pochi (il metano nelle tubature li sconsiglia), ma un tempo si facevano tanti "pagghiari", si accendevano i falò per poi accendervi le "ciaccàre", fascine per far luce alla Cavalcata e al Patriarca che passa. E si faceva a gara per fare il più alto e grande di Scicli, marinando persino la scuola per andare per settimane a raccogliere "i fraschi", i rami che servivano (a volte rubandoli, si era piccoli...) e tutto quanto occorreva. Per omaggiare San Giuseppe in tutti i quartieri di Scicli. Intanto si preparava la sfilata dei cavalli, per scegliere i "manti" migliori e poi premiarli, e dopo la Cavalcata passava tra i pagghiari, dove in seguito si arrostiva la salsiccia per passare allegramente la serata.
Così, la notte del sabato, tra zòttiri di scecchi e scrùsciu di cianciani (escrementi di asini e rumore di campanacci), per dirla con una poesia di Salvatore Modica, gli sciclitani tornavano (e tornano) a casa felici di aver omaggiato il Patriarca San Giuseppe, la Sacra Famiglia e i cavalli, certi che la Primavera sta per arrivare.

venerdì 3 febbraio 2006

Romano Mussolini, Mr. Full


"How high the Moon", suonava (e canticchiava) in quartetto con Carlo Loffredo ed altri in uno dei dischi più famosi tra i collezionisti di Jazz, ed oggi Romano Mussolini (Full), uno dei maestri internazionali del Jazz, a 79 anni ci ha lasciati.

Io e Concetta lo ricordiamo in tre dei suoi concerti tenuti negli anni scorsi a Scicli e a Ragusa. ricordiamo la sua simpatia, il suo umorismo, la sua bravura, ma soprattutto il suo riserbo e la sua educazione. Un grande, come uomo e come musicista. Un grande che ha saputo superare i "problemi" che altri volevano imputare al suo "ingombrante" passato di figlio del Duce. La musica è stata per lui un'evoluzione persino "rivoluzionaria", considerando che negli anni '40 non era affatto facile ascoltare dischi di jazz (col grammofono a manovella di Vittorio, raccontava) e suonare al piano proprio quei brani "americani", vietati nell'Italia di allora dal padre per misteriose ragioni "culturali" o meglio "staraciane".
Il fratello Vittorio lo aveva indirizzato proprio verso quella musica, in cui ha toccato punte di eccellenza, occupandosi poco di politica (contrariamente alla figlia Alessandra). Ma Romano ha voluto occuparsi di storia, con due libri editi da Rizzoli: Il Duce, mio padre (2004) e Ultimo atto. Le verità nascoste sulla fine del Duce (2005), in cui racconta le sue memorie e le sue verità su tante cose che i libri di storia non hanno mai voluto scrivere.
Alla fine degli anni '50, insieme a Nunzio Rotondo, trombettista tra i più prestigiosi del jazz italiano, partecipò al Festival internazionale del jazz di Sanremo. Nel 1957 incise, in trio con Carlo Loffredo al contrabbasso e Pepito Pignatelli alla batteria, sotto lo pseudonimo di Romano Full. Più recentemente con lui hanno suonato Guido Pistocchi e Massimo D'Avola.
Romano Mussolini era anche appassionato pittore e amante dell'arte in genere.
A noi rimane uno dei suoi cd con la collection di alcuni tra i migliori brani del jazz di scuola italiana, di cui il nostro giovane vittoriese Francesco Cafiso è degno rappresentante.

giovedì 2 febbraio 2006

Punto linea est QRT stop

ZCZC

--.- ... ---

QSO

Breaking news stop Notizia est importante stop

Il Morse (CW) è stato oramai praticamente "sconsigliato" e poi abolito da tempo, anche nei servizi radiofonici per i naviganti (sigh!).

Persino la nuova legge sulle telecomunicazioni in Italia non prevede più l'esame di telegrafia per i radioamatori.

Ora la Western Union, che praticamente si può considerare l'inverntore, dal 27 gennaio ha abolito la trasmissione del classico telegramma. Segni dei tempi, e un pezzo di storia che se ne va, soppiantato dall'email e dall'SMS.

Probabilmente in brave tempo anche altre aziende, americane ed europee, seguiranno a ruota le sue orme, e così cambierà davvero un'era nelle comunicazioni.

Non so se Samuel Morse, Guglielmo Marconi, Antonio Meucci, Graham Bell, James Maxwell e Reginald Fessenden sarebbero d'accordo, ma oramai Internet domina tutto, e radio e telefono ne devono subire purtroppo il potente influsso.

Fine notizia stop

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QRT, PSE QSL (if you could)

NNNN

sabato 28 gennaio 2006

Quarta Pagina


Di giornalisti che dicono di essere liberi ve ne sono tanti, ma di quelli veramente liberi, com'era quel grand'uomo di Indro Montanelli da Fucecchio, oggigiorno ce ne sono davvero pochi, purtroppo.

Parliamo di giornali "liberi", non organici, che evitano di schierarsi direttamente o indirettamente. Specialmente in questi tempi di campagna elettorale incombente, in cui le pagine degli organi di stampa, nazionali e locali (sa va sans dir delle televisioni), sono spudoratamente piene di facce di politici (buoni e cattivi) e dei loro discorsi "entusiastici".

Non metto in dubbio il fatto che di questa roba si debba dare informazione al lettore-cittadino (che però, diciamocelo in faccia, ha le ...scatolette piene di promesse ripetitive e vuote di senso) e so bene che i giornali "campano" anche con i proventi delle pubblicità elettorali e a volte "sguazzano" in questa roba, ma noto come progressivamente in questi mesi altri temi che potrebbero interessare molto il lettore-cittadino (che dovrebbe essere il "padrone" del giornale, ma *non* lo è) vengano messi da parte e non trovano lo spazio adeguato.

Come cittadino e come operatore dell'informazione la cosa mi irrita parecchio, non solo quando leggo, ma soprattutto quando scrivo, e i miei pezzi di cultura, di informatica, di pensiero e di storia, le recensioni e le opinioni, prima di apparire debbono sempre avere una tediosa trafila di "contrattazione" con i direttori che, seppure affermino di essere d'accordo sul fatto che i temi sociali e culturali valorizzino i loro giornali, poi, nei fatti, negano quanto affermano, riempiendo le pagine di faccione di politici e discorsi "sul metodo" (a capirlo, quale) e cronaca spicciola dai consigli comunali e dal parlamento, con il risultato che la "quarta pagina" - se la tengono - si assottiglia sempre più.

È inevitabile tutto questo? Non lo so più, forse mi illudo (ma meglio illudersi che deludersi), ma penso che questo con uomini lungimiranti come Montanelli o Longanesi probabilmente non accadrebbe.

Quando lo capiranno certi direttori, e certi editori, che non è necessario sbilanciarsi troppo con le pagine della politica, e che oltre la cronaca, il lettore attento vuol leggere di cultura, di società e di opinioni? Chi ancora pensa di vendere il giornale solo ai politici e ai "professionisti" e non al comune cittadino ha sbagliato mestiere.

sabato 21 gennaio 2006

Big Brother


Il 21 gennaio del 1950 moriva a Londra Eric Arthur Blair, meglio noto come George Orwell.

Delle sue opere ricordiamo Senza un soldo a Parigi e Londra (1933), La fattoria degli animali (1945) e 1984 (1949); quest'ultimo è il libro che tratta del Big Brother, che controlla tutto e tutti nella ipotetica Eurasia, imponendo una neolingua e inducendo forzatamente al bipensiero, con i suoi drammatici slogans: «l'Ignoranza è Forza», «la Guerra è Pace», «La Libertà è Schiavitù».

Winston Smith, protagonista del libro, è incaricato di censurare libri e articoli politicamente scorretti ed ama Julia, di nascosto, visto che il "Partito" vieta il sesso non finalizzato alla procreazione. Winston si vuole liberare da questa angosciosa dittatura, ma non può. Si confida con O'Brien che crede suo amico, e che invece è un funzionario della psicopolizia, governata dal Minamor (ministero dell'amore, che in effetti l'amore intende reprimere), e viene costretto a rinuciare a Julia e alla "Lega della Fratellanza" (l'opposizione, cui vorrebbe aderire) per sottomettersi completamente al Partito. Il Grande Fratello vuole possedere anche l'anima dei suoi sudditi, controllando tutto, dai mass media ai sentimenti.

Le ambizioni di ogni dittatura, dal nazifascismo al comunismo, dall'URSS alla Cina, il ritratto di ogni dittatore, da Fidel Castro a Milosevic, a Ciaucescu a Saddam. Ed anche di leader apparentemente più "democratici" come Ahmadinejad.
Il lavaggio del cervello, l'annientamento della Persona, del Soggetto e il predominio di uno "Stato" che invece è Oligarchia-Monarchia totalizzante.


A confronto di questa angosciosa e terrificante prospettiva, il "Grande Fratello" televisivo fa persino sorridere, "scompisciare dalle risate", come diceva una mia professoressa. Però, più che al controllo dei mass media, mi viene da pensare alla stupidaggine e alla TV spazzatura. I sociologi possono scrivere e discutere a lungo sul fenomeno, visto che tanta gente morbosamente ama e guarda queste cose, mentre non si cura minimamente di leggere il libro di Orwell, la stessa gente che legge i giornali se c'è la novella divorziata eccellente e non li compra se ci sono ottimi servizi di cronaca o recensioni di libri. Sono la maggioranza, e noi che pensiamo il contrario siamo una minoranza. Bisognerebbe riflettere.

Ma i giornali non lo fanno, e le televisioni neppure.

E stranamente in questa "democrazia" il libero pensiero non viene negato dal Big Brother, ma dal popolo stesso che non lo stima affatto.

giovedì 19 gennaio 2006

Stilografica e Computer

Nonostante gran parte della mia attività di informatica e informazione si svolga grazie all'ausilio di computers, software e sussidi informatici vari, continuo a pensarla sempre come Edsger Wybe Dijkstra, il grande maestro dell'informatica, che sottolineava come l'informatica nasca prima nella mente e sui libri e poi si applica al computer. Dijkstra, com'è noto (alcuni suoi appunti sono stati digitalizzati e messi online), scriveva le sue considerazioni e le lezioni sugli algoritmi con una bellissima penna stilografica, e la preferiva a tutte le macchine, ma non per questo si può dire che fosse "contro" i computers.

È solo che i computers sono (ed è meglio che restino) macchine per eseguire velocemente compiti, non oggetti pensanti o capaci di emozioni. E molti oggi lo dimenticano.

Dijkstra amava dire che «l'Informatica non riguarda i computers più di quanto l'Astronomia non riguardi i telescopi» ed anche che «porsi la domanda se un computer possa pensare ha la medesima importanza della domanda se un sottomarino possa nuotare», insomma non serve saperlo. Un computer deve aiutare l'uomo a fare le cose meglio, a consumare meno tempo, meno carta; serve a risolvere algoritmi e problemi; serve a svolgere compiti, e se non sarà mai "Hal 9000" non fa nulla, anzi è meglio per tutti.

Purtroppo dalla quotidiana esperienza mi accorgo che per grandi e piccini computer vuol dire fretta di sedersi davanti ad un monitor, premere un pulsantino e scrivere su una tastiera, senza mai porsi domande analitiche su come funziona, quali algoritmi usa, cosa c'è dentro ed altre legittime curiose questioni.

Non tutti, per fortuna, ma molti fanno così e man mano che l'informatica diventa un affare comune nella nostra vita quotidiana e nelle nostre case, invece di crescere la cultura informatica decresce e delude.

Non voglio (e non lo faccio) parlare di certi corsi tipo "ECDL" che pretendono di "insegnare il computer" spiegando solo MS Office, come se quello fosse *tutto* il computer, senza nemmeno accennare al fatto che ci sono vari sistemi operativi, vari modi di progettare ed intendere le macchine, senza dire che ci può essere il software commerciale e quello Opensource e sa va sans dir...

Vorrei solo che si riflettesse un po', e si ricominciasse magari dalla matematica, dall'analisi, dalla filosofia e dalle lettere. Sì. Potrebbe a prima vista sembrare strano, ma l'Informatica non ha molto senso se non comincia da là, dalle sue basi. Non ha senso saper usare "Powerpoint" e poi non sapere che il linguaggio di programmazione in cui è creato non può prescindere da Gauss, Eulero, dalla teoria dei grafi, da Wittgenstein, dalla logica e da anni di arte grafica, dalla tipografia, dal problema dei quattro colori e da quant'altro. Anche se non si può sapere tutto, almeno un'idea di questo bisogna averla, e bisogna anche insegnarla con questo nuovo spirito, nelle scuole.

Forse sogno, ma intanto anch'io, come Edsger Dijkstra, scrivo i miei articoli prima con la stilo e poi con TextEdit.

venerdì 6 gennaio 2006

Uomini di pace e uomini per così dire


Ariel Sharon, falco e colomba della recente storia israeliana, sta vivendo ore drammatiche, e al di là di ogni considerazione positiva o negativa sul suo operato, fanno davvero ribrezzo le parole di Ahmud Ahmadinejad, presidente della Repubblica Islamica di Iran: «Il macellaio di Sabra e Shatila ha raggiunto i suoi antenati e altri lo seguiranno presto [...] Dobbiamo credere che l'Islam non ha confini geografici, gruppi etnici e nazioni. È una ideologia universale che conduce il mondo verso la giustizia.».
Noi che l'Islam vero lo conosciamo, che lo abbiamo studiato ed anche apprezzato, noi che abbiamo tradizioni storiche (come quelle siciliane) di commistione tra modelli culturali cristiani ed islamici, noi che viviamo in città e quartieri a contatto con maghrebini e arabi e albanesi, non possiamo credere davvero che l'Islam sia questa accozzaglia di odio e disumanità a cui il Rais di Teheran, lo vorrebbe ridurre. Crediamo invece che l'Islam è simbolo di pace e concordia, di amore in Dio e nella verità.
Non possiamo non respingere con forza le parole di chi si ostina a negare l'Olocausto, di chi vieta ai suoi cittadini l'ascolto della musica pop (perché sarebbe anti-religiosa), di chi non ha il minimo senso diplomatico e nemmeno il senso della storia (pur avendo studiato in una delle migliori università del Medio Oriente).
Ariel Sharon è stato uno dei principali artefici del processo di pace in Palestina, e questa affermazione è suffragata finanche da Mahmud Abbas (Abu-Masen), che della Palestina è il leader. Negarlo è ipocrita.
Speriamo, umanamente, che il leader israeliano possa continuare i suoi giorni, e che, se lui non potrà, il cammino di Israele (e di Kadima, Avanti, il nuovo partito da lui fondato, in vista delle prossime elezioni nel Paese) possa essere guidato da un leader di altrettanto carisma, probabilmente Ehud Olmert, o magari quel carismatico Shimon Peres, anch'egli pietra miliare della storia di Israele e del processo di pace con la Palestina.
Ci saranno due stati che possano convivere pacificamente, nei luoghi santi? Ci ostiniamo a credere di sì.
Lunga vita a Sharon, e che Dio possa far ravvedere certi avvoltoi che non sanno tenere la lingua a bada.
Per chi volesse seguire le sorti del presidente Sharon, segnaliamo anche i programmi multilingua di KOL Israel.

giovedì 5 gennaio 2006

Maledetti Spammers


Un'amica, che evidentemente - come tanti - non ne può più di ricevere in mailbox lo "spam" quotidiano mi chiede: «ma questi spammers non muoiono mai?». No, purtroppo, anzi si riciclano, spesso con risultati a dir poco ridicoli, come quelli che ti mandano il messaggio di una vincita ad una (finta, fintissima) lotteria a una decina di account (e per fortuna dovevi essere il solo a vincere nella tua città), quelli che ti promettono le "cremine" per far ringiovanire i vecchietti, quelli che si fingono americani (e poi son cinesi o congolesi) e ti salutano con «Good day Mister», quelli che si firmano "Doctor" e mandano la stessa solfa fotocopiata e inutile...
Quelli degli imbecilli che chiedono di "far girare a tutti quelli che conosci" l'ennesima "Catena di Sant'Antonio" elettronica per raccogliere fondi per un bimbo malato (mai esistito o già morto) sarebbero pure patetici, se non fossero da fucilare (perché tolgono spazio con queste cretinaggini a messaggi che *veramente* potrebbero essere utili per salvare vite umane.
Poi vi sono quelli che si fingono figli, nipoti, mogli, zie, collaboratori di famosi politici e regnanti e vorrebbero mettere i loro soldi nella vostra banca dandovi un compenso: non rispondete, pregate che schiattino, loro e la loro stirpe: vogliono solo fregare i vostri, di soldi.
Altri sono ben più pericolosi, se non vi si sta attenti, come quelli che fanno finta di essere Paypal e chiedono di rinnovare il vostro account (non fatelo mai!). Non rispondete mai a sconosciuti e a chi vi chiede di registrarvi ancora su eBay, non fornite mai le vostre password a nessuno che non sia autorizzato (anzi, a nessuno mai: i moderni sistemi informatici non hanno bisogno di chiedervi i dati per email).
Dei politici (di ogni colore, movimento, alleanza, partito, unione, casa che siano) che insozzano di email di propaganda le nostre caselle, a dispetto della vituperata legge sulla "privacy" ne parleremo in altra occasione. Intanto diciamo solo che la loro attività è del tutto inutile, sono degli "unopinion leaders": per il 95% i loro messaggi vanno ...nel cestino, non letti.
E tralasciamo l'annosa storia dei produttori di virus informatici, novelli untori che non fanno venire alla mente tanto i monatti, quanto la Nèmesi...

Come faccio io? Per fortuna il mio Mac OS X sposta nel cestino di Mail il 90% di tutta la porcheria che arriva, ma altri mailer purtroppo (in Windows, o anche in Mac) non lo fanno, e bisogna stare attenti, a parte la noia di leggere almeno i subjects di decine di idiozie in forma di messaggi. Mettere dei buoni filtri, junk mail, delle "regole" per ottenere questo risultato è opportuno. E - per chi usa Windows - aggiornare *spesso* gli antivirus.

Ma da dove deriva il termine "Spam"? Perché chiamiamo così l'attività di questi mitomani?
La teoria più accreditata associa la sporca attività alla nota marca di carne in scatola americana, SPAM appunto.
La SPAM (Spiced Pork And haM), è "carne di maiale speziata con prosciutto", e fu immessa sul mercato americano dalla società statunitense Hormel Foods nel 1937 e in quello britannico nel 1941. La fecero diventare famosa gli episodi dei Monty Python, trasmessi dalla BBC dal 1969 al 1974. In uno di questi simpatici episodi, si cantava, appunto "Spam, spam, spam..."
Ma la simpatia non è di casa, tra i moderni imbrattatori di email, che sono solo volgari, e fastidiosi.

Sì, cara amica, ce lo auguriamo, che possano morire presto, uno per uno. E che intanto i Governi e le Autorità che vigilano su Internet li scovino e li facciano a pezzi, come ...carne di porco speziata con prosciutto, ma di quello scadente, putrido come loro.